Le fonti energetiche rinnovabili sono costituite da risorse naturali ed ambientali in grado di rigenerarsi: il sole, il vento, l’acqua, le biomasse, il calore della Terra, il moto ondoso – se opportunamente gestite – possono fornire energia “pulita” senza essere soggette ad esaurimento.
L’introduzione di fonti di energia rinnovabile nel mix energetico consente di ottenere una molteplicità di vantaggi economici ed ambientali. Le fonti rinnovabili riducono prima di tutto la vulnerabilità energetica di quei Paesi che dipendono dalle importazioni di combustibili fossili da un numero ristretto di produttori, favorendo in questo modo la produzione di energia a livello locale e tendenzialmente l’autosufficienza. Contribuiscono a diminuire l’inquinamento atmosferico e a ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici attraverso l’abbattimento delle emissioni di gas ad effetto serra, in particolare di CO2. Incentivano inoltre l’innovazione tecnologica, la creazione di nuove imprese e l’occupazione, accrescendo la competitività economica sul mercato interno ed internazionale.
Le principali applicazioni delle fonti energetiche rinnovabili riguardano la produzione di energia elettrica, il riscaldamento e il raffreddamento di edifici industriali e residenziali e i biocarburanti per i trasporti. Mentre le tecnologie impiegate per la produzione dell’energia eolica, idroelettrica, del solare termico e delle biomasse sono già economicamente sostenibili − grazie allo sfruttamento delle economie di scala − l’energia fotovoltaica soffre di una carenza di domanda e di costi di produzione ancora non competitivi, se confrontati con le tradizionali fonti di energia. Siamo ancora lontani dal raggiungimento della parità tra costo del kWh prodotto con l’energia convenzionale e quello generato mediante l’impiego dell’energia solare.
La produzione di energia rinnovabile nella UE e in Italia
Nel 2005 la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile copriva il 14% del consumo interno lordo di elettricità della UE 27, percentuale che aumenta leggermente (14,5%) se si considera il consumo della UE 15. L’ammontare totale di produzione nell’UE 27 è nel 2005 pari a 464,6 TWh. L’andamento degli ultimi anni mostra un aumento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. L’energia idroelettrica evidenzia una certa discontinuità a fronte dei diversi livelli di piovosità nel periodo di tempo considerato. In ogni caso, i grandi impianti idroelettrici hanno esaurito in gran parte le potenzialità di sviluppo che restano invece buone per la produzione da impianti di potenza nominale ≤ 10 MW. In questo caso l’Italia si presentava nel 2005 al secondo posto dopo la Germania e prima di Francia e Spagna.
La fonte con le migliori performance di crescita è quella eolica, la cui produzione è passata, nella UE 27, da 3,5 TWh nel 1994 a 22,3 TWh nel 2000, fino ad arrivare a 70,4 TWh nel 2005. La ripartizione della produzione mostra la leadership della Germania, seguita da Spagna e Danimarca. L’Italia si contende la quarta posizione con il Regno Unito, che è tuttavia fortemente impegnato nello sviluppo della tecnologia off shore non ancora sperimentata in Italia e con minori potenziali teorici di sfruttamento nel Sud rispetto ai mari del nord Europa.
La seconda fonte è rappresentata dalla famiglia delle biomasse e biogas il cui livello di produzione di energia elettrica nella UE 27 è pari nel 2005 a 78,2 TWh di cui 41,6 TWh provenienti da impianti a biomasse solide, 22,6 TWh da impianti alimentati a rifiuti e 14TWh da impianti a biogas. La ripartizione della quota di produzione di energia elettrica da impianti alimentati a biomasse evidenzia di nuovo il primato della Germania quale paese con la migliore performance. Seguono Finlandia e Svezia, paesi caratterizzati da un tradizionale sfruttamento della biomassa legnosa a fini energetici. La tecnologia solare fotovoltaicaconnessa alla rete ha trovato un rilancio in anni recenti. Il suo ritmo di penetrazione, nei paesi che hanno sostenuto economicamente l’introduzione della tecnologia, è stato molto elevato a motivo della sua semplicità d’uso e a fronte della possibilità di rivendere l’energia non consumata al gestore di rete. L’Italia ha il primato della produzione elettrica dalla fonte geotermica. In Europa il calore geotermico è sfruttato prevalentemente per uso termico, anche a fronte delle minori temperature utilizzate attraverso pozzi scavati a minore profondità. L’unico paese che ha avviato un piano di sviluppo della geotermia ad alta entalpia, oltre l’Italia, è il Portogallo. Nel 2007 la domanda di energia elettrica in Italia è aumentata solo dello 0,7% rispetto all’anno precedente a fronte di una crescita dell’economia italiana dell’1,5%.
Le biomasse
Le biomasse rappresentano, nella misura del 60%, la quota più consistente di fonti rinnovabili impiegate per la produzione di energia primaria in Europa. È biomassa qualsiasi materiale di origine organica sia vegetale che animale utilizzabile direttamente (es. legno) o indirettamente attraverso un processo di trasformazione in combustibile solido, liquido o gassoso (es. pellets, biodiesel, biogas). Si considerano biomassa tutte le coltivazioni appositamente dedicate alla produzione di biocombustibili, tutti i materiali provenienti dalle fasi produttive e distributive della filiera del legno, i residui e gli scarti della produzione agricola e zootecnica ed infine le frazioni organiche dei rifiuti urbani. È bioenergia qualsiasi forma di energia ottenuta dall’impiego diretto o indiretto di biomassa. Il vantaggio ambientale legato allo sfruttamento delle biomasse per fini energetici consiste nella capacità della pianta di assorbire e sequestrare l’anidride carbonica presente in atmosfera durante il suo accrescimento grazie al processo della fotosintesi clorofilliana: la CO2 emessa durante la combustione delle biomasse per produrre energia e calore risulta pari a quella accumulata nella fase della crescita con un’immissione netta di carbonio in atmosfera nulla. La valorizzazione energetica delle biomasse deve essere però valutata considerando la sostenibilità di tutto il loro ciclo di vita ed includendo l’intero bilancio energetico e delle emissioni, ovvero le fasi di produzione agricola e dei trasporti, gli impatti in termini di utilizzo ed eventuale cambio di destinazione d’uso del suolo, i consumi di acqua e le conseguenze sulla biodiversità locale. I benefici ambientali ed economici sono principalmente legati alla diversificazione nel mix energetico degli approvvigionamenti, alla sostituzione di combustibili fossili ad elevata intensità di emissioni di CO2, alla valorizzazione di residui e scarti di lavorazione della filiera del legno e ad un aumento dell’occupazione nelle aree rurali e marginali. Oltre al legno infatti, vengono attualmente valorizzati residui di potature boschive e sottoprodotti della filiera lavorati per produrre un combustibile alternativo detto “pellet di legno”. Derivato dalla sfibratura dei residui legnosi non trattati chimicamente e pressati in cilindri, i pellets sono caratterizzati da una bassa umidità, una elevata densità e da un alto potere calorifero (4.000/4.500 kcal/kg). Nei prossimi anni è prevedibile un incremento nell’uso di biomasse per la generazione di energia elettrica, per il riscaldamento delle abitazioni residenziali e per la produzione simultanea di elettricità e calore nel settore industriale. Un incremento supportato da continui miglioramenti nella gestione sostenibile delle biomasse e dall’innovazione tecnologica di prodotti ad elevata efficienza, caratterizzati da alti rendimenti energetici e da sistemi di combustione in grado di massimizzare il potere calorifero e ridurre le emissioni di monossido di carbonio e polveri.
Fonte: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, 2009